Archivio personale Mario Cerato

L’archivio personale di Mario Cerato (nato a Levico (TN) il 20 ottobre 1948) è particolarmente interessante ai fini della ricerca sul lago di Tovel e sulla Valle omonima.

Mario Cerato, laureato in scienze forestali, nei primi anni della sua attività lavorativa, dal 1978 al 1985, ha operato presso il Distretto forestale di Cles che aveva competenza anche sulla Val di Tovel.

In quegli anni in Val di Tovel si è occupato di tutte le attività finalizzate alla gestione dei boschi che nella Valle sono tutti di proprietà comunale. Ha quindi avuto modo di conoscere nel dettaglio la variabilità degli ecosistemi forestali della Valle e le valenze naturalistiche.

Le attività di gestione in quegli anni erano complicate dalla presenza degli ultimi esemplari indigeni di orso che richiedevano attenzione per la loro salvaguardia.

Successivamente a questa esperienza il dottor Mario Cerato si è occupato di sistemazioni idrauliche e forestali prima come progettista e direttore dei lavori e poi come dirigente del “Servizio Bacini montani” della Provincia autonoma di Trento.

Negli ultimi anni di lavoro è stato dirigente del “Servizio Conservazione della Natura e Valorizzazione ambientale”.

Per motivi professionali ha dovuto occuparsi di storia del territorio e, una volta pensionato, si è dedicato a completare le sue ricerche. Il suo ultimo lavoro è un libro sulla storia dei boschi del Trentino nell’Ottocento: “Le radici dei boschi. La questione forestale nel Tirolo italiano durante l’Ottocento”. Nel libro viene descritta l’evoluzione del rapporto fra le autorità governative, le popolazioni e le loro foreste, ricostruendo così parte della storia forestale del Trentino. Varie sono le tematiche trattate nella sua ricerca: la rilevanza economica e sociale dei boschi, l’organizzazione forestale, la custodia dei boschi, le interazioni fra bosco e attività agricole, le utilizzazioni del legname, della legna e dei prodotti ricavabili dai boschi, le ricchezze (lecite e illecite) che dai boschi si generavano e, infine, le innovazioni tecniche avvenute negli ultimi decenni del secolo nel governo delle foreste.

Nell’ambito dei suoi studi il dottor Cerato ha vagliato molte fonti. È risultato di particolare interesse per la ricerca qui presentata il materiale reperito presso l’Archivio di Stato di Trento, in particolare nei fondi Giudizio Distrettuale e Pretura di Clese del Capitanato Circolare di Trento, che il dottor Cerato ha gentilmente messo a disposizione per il seguente progetto.

Fondo Mario Cerato

I documenti sono frutto delle ricerche condotte dal dott. Mario Cerato presso l’Archivio di Stato di Trento. Le fonti risultano di particolare interesse in quanto testimonianza dei modi d’uso dell’ambiente, in particolare del bosco, da parte delle comunità della Val di Non.

Ai fini della ricerca è di notevole interesse la ricostruzione del dott. Cerato a proposito della trattativa inerente all’utilizzo della Selva Flavona.

“Era il 1820 quando i Comuni del Contà (Cunevo, Flavon e Terres) decisero di utilizzare la Selva Flavona, opportunità questa che arrivò con l’offerta del commerciante di legname Antonio Vidi, detto Moreschin”.

“Le discussioni attorno all’affare fra Vidi e i Comuni del Contà erano in atto da tempo e il 29 marzo 1820 si definì un accordo sul prezzo e sulle modalità di utilizzazione. Antonio Vidi era a conoscenza dei problemi di confine fra Tuenno e il Nesso Flavona e chiese che, prima di definire il contratto, i Comuni del Contà si accordassero con Tuenno per la posa dei cippi di confine e ottenessero la possibilità di transitare con il legname sulla proprietà di Tuenno, nonché il permesso di edificare due segherie lungo la Tresenga a valle del lago di Tovel per segare il legname ricavato. L’intenzione dei Comuni del Contà era di vendere tutto il legname possibile. Un tempo il Nesso Flavona era importante per i pascoli, ma ora il legname valeva di più e il riacceso contenzioso sui confini con Tuenno derivava anche da questo, per cui i Comuni del Contà rivendicavano confini posti più in basso per comprendere la maggior parte di Selva”.

“Il primo contratto fra Antonio Vidi e i Comuni del Contà doveva essere sottoposto a una procedura di validazione da parte dall’Autorità tutoria; il contratto prevedeva il taglio di tutte le piante aventi nel piede diametro maggiore di sei once [pari a circa 17 cm] e il numero di queste piante era calcolato in 12-15 mila”.

“Con questo tipo di contratto le piante in piedi venivano cedute in proprietà per tutti gli anni di durata del contratto. In questo periodo quindi il compratore doveva utilizzare le piante seguendo i criteri fissati dall’autorità forestale, ma poteva però utilizzarle integralmente, beneficiando quindi della possibilità di resinarle, estrarre trementina e produrre carbone con i residui del lotto…”. “Si attivò quindi una nuova trattativa che portò nell’ottobre del 1821 alla stesura di un altro accordo che prevedeva l’accettazione della mappa Gaggia con alcune modifiche a favore di Tuenno”.

Mappa Gaggia:

“Pur avendo ormai definiti i confini in modo chiaro e condiviso, i cippi di confine non vennero ancora posati”.

“Arriviamo al 1826, molti aspetti del contratto erano definiti da tempo mentre altri erano ancora da precisare. Ancora da definire era la richiesta di poter impiantare le due segherie «lungo il torrente Tresenica nel luogo che troverà il più opportuno». Il 29 gennaio 1926 i rappresentanti dei Comuni di Terres, Flavon, Cunevo e Tuenno, assieme a Vidi Moreschin comparvero volontariamente davanti al Giudice Cavoli di Cles per redigere l’atto (fasc. 1242 – vedi documento  e trascrizione ATTO 57 – vedi documento ) con cui il Comune di Tuenno, dietro un indennizzo in denaro, consentiva a Vidi Moreschin di erigere i due edifizi di sega e occupare i terreni necessari al deposito del legname. Venne anche fissato per giugno un sopralluogo per definire il luogo di costruzione delle segherie e il tracciato della strada che Antonio Vidi si era sempre detto disponibile a costruire oltre il lago, l’indennizzo spettante a Tuenno e per fissare una volta per tutte i confini. La strada a carico del Vidi doveva arrivare a monte della Lavinazza fino ai Pozzoi di sotto dove poteva essere concentrato il legname tagliato nella soprastante Selva Flavona”. “Il 30 giugno si ritrovarono «nella monte di Tovel detto Macajone ossia Selva di Tovel» i rappresentanti dei Comuni, un delegato del Giudice e l’Agente forestale, per un totale di dodici persone. Venne redatto un atto (fasc. 1242 – vedi documento )  per definire quanto era stato deciso. Sembrava tutto definito, ma per qualche anno non successe nulla e i cippi di confine non vennero posati. Il motivo di questa stasi è che i tre Comuni del Contà non erano concordi. Già nel 1817 avevano tentato di dividere i loro beni in comproprietà nella Flavona, ma non erano riusciti ad accordarsi…”

“Nel 1830 successe però che Vidi Moreschin, ormai settantenne, rinunciò al contratto, che fu ceduto al compaesano Alessandro Cavoli, figlio del notaio di Pinzolo Giuseppe Cavoli, che si disse disponibile ad assumere il contratto così come era stato definito; l’accordo venne fissato il 10 febbraio del 1830 di fronte al Giudice Cavoli di Cles. Alessandro Cavoli fornì le necessarie garanzie finanziarie e il contratto venne inviato al Capitanato Circolare di Trento. Il Capitanato chiese un parere all’Ispettorato forestale di Trento che però lo valutò negativamente rimettendo in discussione gran parte della sostanza e degli argomenti che nel giugno del 1826 sembravano risolti. Le obiezioni riguardavano il valore dell’utilizzazione, cioè il prezzo che il Cavoli avrebbe dovuto pagare, l’effettiva necessità delle due segherie e venne riaffermata la necessità della costruzione della strada. Si disquisì inoltre sulla necessità di adottare un sistema di utilizzazione che garantisse la rinnovazione della Selva; quello che non si mise in discussione, ed è l’elemento principale del contratto, è che in 15 anni tutta la Selva Flavona poteva essere tagliata prelevando circa 12.000 piante”.

“Sulla base di queste osservazioni seguì un altro anno di trattative in cui si ridiscussero i punti fondamentali del contratto e alla fine ci si accordò. Il 5 ottobre 1831 venne firmato il documento definitivo e il 5 dicembre il contratto era approvato. Dopo undici anni da quando era stata stesa la prima bozza di contratto, l’utilizzazione della Selva Flavona poteva iniziare. L’utilizzazione della Selva iniziò quindi nel 1832. Alessandro Cavoli trasportò il suo domicilio da Pinzolo a Tuenno in modo da poter dirigere i lavori di costruzione delle due segherie, allestire le baracche dove i lavoratori dormivano e quant’altro serviva”.

“L’utilizzazione iniziò, nella Selva Flavona lavoravano decine di boscaioli nel taglio, allestimento ed esbosco del legname con l’ausilio di buoi, cavalli e muli. I boscaioli erano assistiti anche da donne e ragazzi, che provvedevano a rifornire di cibo e di acqua da bere i vari gruppi di lavoratori e a tutte le altre incombenze necessarie al lavoro dei boscaioli. Vi era poi l’attività delle segherie che funzionavano giorno e notte. Lungo la carrettabile da Tuenno al lago di Tovel vi era un via vai di carrettieri che rifornivano di viveri, attrezzi e quant’altro serviva al cantiere della Flavona e che trasportavano gli assortimenti legnosi dalle segherie a valle del lago a Tuenno e poi a Mezzolombardo. La maggior parte delle maestranze erano di Tuenno e si capisce quindi quanto importante fosse per l’economia del paese l’utilizzazione intrapresa nella Flavona in tempi in cui la popolazione aumentava continuamente e le risorse derivanti dall’agricoltura e dalla pastorizia non erano più sufficienti”.

Bibliografia di riferimento
Franco P. (2007). “Notizie storiche sul Parco naturale Adamello Brenta”, Temi editrice, Trento, p. 251.
Cerato M. (2019). “Le radici dei boschi. La questione forestale nel Tirolo italiano durante l’Ottocento”, Pergine Valsugana, Publistampa, p. 531.

Sottosezione 1

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